Digital 31 Luglio 2025

Il Pride non è (più) solo una parata

By: Matteo Pogliani
Il Pride non e piu solo una parata

C’è una soglia, nel marketing, oltre la quale i numeri non bastano.
E c’è un tema – come il Pride – che questa soglia la supera da tempo.

Non è solo un evento. È una dichiarazione, un campo semantico, un acceleratore di posizioni. E, sì, anche un terreno minato.

Il report della unit Insight di Openbox sul Pride 2025 parte da qui: non dai like o dalle view, ma dal tentativo di leggere un fenomeno che, online, continua a generare attenzione. Ma anche polarizzazione, tensioni, opinioni che si scontrano.

I numeri ci sono. Ma sono una superficie.

  • 139.000 mention;
  • 35.000 utenti unici;
  • 219 milioni di impression;
  • 2,7 milioni di interazioni.
pride analisi 1

Cifre che raccontano una cosa sola: il Pride è ancora un tema centrale. Ma è il sentiment a restituire il vero scatto d’insieme.

46% negativo. Un dato che dice molto. Ma non per forza in senso assoluto. Perché il Pride non divide solo. Il Pride attiva. Muove. Costringe a posizionarsi.

Le criticità? Prevedibili e reali: le polemiche politiche, i temi “estranei” al movimento (Gaza in primis), il dibattito su costi e risorse pubbliche.
I driver positivi? Più profondi di quanto si pensi: il senso di comunità, la celebrazione dell’identità, la partecipazione di volti noti, l’inclusività raccontata come emozione collettiva.

Il Pride non è neutro. Ma non è nemmeno solo divisivo.
È un acceleratore culturale. E i brand non possono più permettersi di trattarlo come un’occasione di calendario.

TikTok lo ha capito meglio di altri

Su TikTok il Pride trova la sua audience più vivace: sono infatti oltre 5.000 i video pubblicati con ben 85 milioni di visualizzazioni, che raccontano la forte affinità tra la manifestazione, i suoi valori e la piattaforma. 

pride analisi

Un punto non sempre compreso dai brand.

Analizzando le collabs dei marchi a tema Pride, troviamo infatti un numero limitato di attivazioni, segno dell’attenzione, forse timore, verso un evento comunque divisivo. Sono solo 10 i contenuti realizzati in occasione di campagne di influencer marketing sulla piattaforma, per lo più ad appannaggio di brand beauty. Pochi video, ma con performance notevoli: sono infatti 6.8 milioni le views generate

Su Instagram invece troviamo un maggior numero di attivazioni (29), ma anche risultati più limitati, figli di progettualità non troppo strutturate. I Reel sono il formato di contenuto più scelto (e performante). 

Non esiste un solo pubblico Pride

Grazie all’analisi realizzata con Audiense emergono 4 principali cluster di audience coinvolti nel conversato sul Pride:

  1. LGBTQ+ Community: estroversa, social native, recettiva alle campagne marketing.
  2. Antifascist Voices: politicizzate, attive, attente ai valori dei brand.
  3. Italian Freedom: informata, attenta alla reputation e all’utilità del messaggio.
  4. Family & Politics: più chiusa, polarizzata, ma sensibile alle campagne ben costruite.

Il punto? Non esiste un unico pubblico Pride. Esistono sensibilità diverse. E ogni messaggio, per essere rilevante, deve tenerne conto.

Il Pride non chiede visibilità. Chiede posizionamento

Nel 2025 i brand sono diventati più prudenti. Meno campagne. Più silenzi. Più attesa.

Un cambio di fase.

Perché attivarsi oggi sul Pride significa prendere posizione.
Esporsi. Essere disposti ad ascoltare, a rispondere, a farsi mettere in discussione.

Non è per tutti. Ma è per chi vuole contare qualcosa.

Chi vuole costruire, marca nel tempo.

Chi capisce che la reputazione non si costruisce solo su ciò che si dice, ma su ciò che si è disposti a sostenere quando la narrazione si fa complessa.

Matteo Pogliani

Toscano di nascita ma lombardo di adozione, ho parlato prestissimo e non ho più smesso. Social media & Web strategist in Open-Box - Autore del primo libro italiano sul tema dell'Influencer Marketing

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